Valtellina terra di migranti

AA.VV., Valtellina terra di migranti – 413 pagine, illustrazioni b/n, cucito a filo, copertina morbida, formato pagina 23×15, Bormio 2019 – Collana La Reit, Edizione per la XXVII edizione delle Giornate Bormiesi di Cardiologia Costo euro 20,00 (+ spese di spedizione); per i soci del Cssav euro 15,00 Il volume è esaurito Il volume contiene 16 saggi che prendono in esame il fenomeno delle migrazioni che interessarono la Valtellina e in particolare lil Bormiese dal XVII secolo ai nostri giorni. Si parla perciò di emigrazione in Australia e Sud America, ma anche di immigrazioni, in particolare di tirolesi che a Bormio hanno trovato lavoro e una casa. Vengono inoltre ricordati anche numerosi personaggi che hanno intrapreso lunghe esperienze di viaggio, tra cui padre Vincenzo Maria, carmelitano, in missione nel Malabar per conto di papa Alessandro VII, padre Giambattista Pedranzini, cappuccino, evangelizzatore in Cina dove è stato incarcerato e perseguitato, il capitano Enrico D'Albertis che nell'ultimo decennio dell'Ottocento ha dipinto quattro meridiane nell'Alta Valtellina lasciandoci anche un ricco patrimonio fotografico di Bormio, Valdidentro e Livigno. Nella pagina del sito relativa al volume sono brevemente descritti tutti gli articoli contenuti nella monografia. --------------------------------------------------------------------------

Presentazione

Leo Schena e Livio Dei Cas

L’emigrazione ha accompagnato la civiltà umana sin dalle origini. Ne costituisce un elemento strutturale e si configura come una sorta di “continuum” storico frutto dei meccanismi che hanno regolato l’organizzazione delle varie comunità nel fluire dei secoli. Nella seconda metà dell’Ottocento, dopo l’Unità d’Italia, la diffusa povertà del nostro paese aveva spinto milioni di persone a cercare lavoro e fortuna verso le due Americhe e l’Australia, grandi paesi con terre ancora incolte e che necessitavano di mano d’opera. Un imponente fenomeno migratorio con benefiche ricadute sull’economia – rimesse degli emigranti – e che nella maggior parte dei casi si tradusse in una loro residenza definitiva negli stati di accoglienza. Paradossalmente un secolo più tardi l’Italia, ovunque conosciuta come terra di emigranti, era destinata a divenire terra di immigrazione. Fattore primario dell’attuale mobilità migratoria è ancora una volta la spinta economica che induce a fuggire da paesi devastati da guerre, cause naturali, sovrappopolazione. Un incontenibile esodo di massa verso l’Europa con primo approdo i paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Principale snodo di questi spostamenti di migranti in provenienza dagli stati subsahariani è l’Italia prodigatasi per alcuni anni nelle operazioni di soccorso e di accoglienza. Non intendiamo in questa breve nota di presentazione accennare ai delicati problemi che dovrebbero fungere da motore al processo d’integrazione. Prima di tutto l’esigenza di un confronto volto a favorire il dialogo, il rispetto delle credenze dei rifugiati e da parte di quest’ultimi l’accettazione dei principi su cui si fonda l’identità occidentale. Problemi di non facile soluzione e che occupano un posto preminente nell’agenda politica dei vari paesi dell’Unione Europea. Riaffermiamo invece che la nostra Provincia, prescelta ad ospitare settecentocinquanta richiedenti asilo, è sempre stata protagonista di flussi migratori. Questa costante della sua storia ci ha indotto ad analizzare alcuni aspetti di un percorso storico che, sin dagli esordi, aveva assunto il carattere di un’epopea divenuta patrimonio comune delle nostre comunità. (...) Al relativo benessere conosciuto nelle nostre Valli sotto i Visconti e gli Sforza, dopo un infausto decennio di dominazione francese, subentrarono nel 1512 i Grigioni. Questi scesero con il loro esercito in Valtellina e vi furono accolti dagli abitanti quasi come liberatori con l’illusoria aspettativa di poter essere aggregati alla Rezia come Quarta Lega. Di fatto i Grigioni imposero la loro signoria su tutti i territori cismontani isolando la Valtellina dagli altri stati italiani confinanti con cui aveva intrattenuto secolari relazioni di vicinanza politica, economica e culturale. Cominciò così per la Valtellina agli albori dell’evo moderno un periodo d’isolamento e di progressivo declino. Sin d’allora la povera economia di un territorio montano oppresso dalle vessazioni del Principe Grigione traeva la maggior parte della sua sussistenza da un’agricoltura non più in grado di sfamare la propria popolazione. Per porvi rimedio non restava che la risorsa dell’emigrazione di tipo stagionale estivo (fienagione), o invernale (mestieri per lo più artigianali). Il tutto praticato nei vicini territori dei Grigioni, della Serenissima o del Ducato di Milano. Esisteva poi in alternativa l’emigrazione tipologicamente pluriennale verso centri più lontani: Genova, Livorno, Napoli, Palermo, Roma. I Valtellinesi chiamati anche “Voltolini” o “Grigi” (in quanto sudditi dei Grigioni) vi venivano accolti con favore in virtù della loro robusta complessione fisica, rotta ai faticosi lavori dell’ambiente alpestre e della loro innata voglia di fare, di lavorare. (...)
----------------------------------------- INDICE DEL VOLUME Leo Schena e Livio Dei Cas, Presentazione Guglielmo Scaramellini, Andare. Scelta, necessità, caso Anna Bordoni Di Trapani, Mare nostrum, mare nero Le grandi migrazioni fra Otto e Novecento Daniela Valzer, Di America ci resta solo il nome. Il dramma dell’emigrazione nelle lettere dall’Argentina dei fratelli Giovanni e Giuseppe Valcepina Elio Bertolina, Quando si andava a Davos. Storia di Erminia Simona Mazza, Brevi cenni storici in tema di emigrazione Bruno Ciapponi Landi, Gli studi sull’emigrazione valtellinese e valchiavennasca in Australia Non solo emigrazione Daniela Valzer, Pegorari tesini: migranti al ritmo della transumanza Anna Lanfranchi, L’immigrazione straniera a Bormio. Prime ipotesi sulla base dei dati dei registri parrocchiali Lorenza Fumagalli, Forestieri di passaggio: emigranti o emarginati? Manuela Gasperi, Un curioso dipinto di un pittor “tedescho”: Giovanni Giorgio Tesler Daniela Canclini, Enrico Bassi, Al buio tutti i gatti sembrano leopardi. Storia di vite straniere nella comunità bormina Andare Cristina Pedrana, Dall’Alta Valle in missione nelle lontane terre di India e Cina Cristina Pedrana, Emigrati dall’Alta Valle a Salò ma anche più lontano! Gisi Schena, Il girovago pintor di meridiane. Le meridiane del capitano D’Albertis in Alta Valtellina Piero Gaggioni, Mea vox umbra lux Raffaele Occhi, “Migranti d’alta montagna”. Vecchie guide alpine dell’Alta Valle fra le Alpi e il Caucaso Conclusioni Remo Bracchi, «Valtellina terra di migranti» Luisa Bonesio, Le Alpi tra apertura e chiusura Appendice Anna Berbenni, I registri di emigrazione di Bormio nell’Ottocento  
AA.VV., Valtellina terra di migranti – 413 pagine, illustrazioni b/n, cucito a filo, copertina morbida, formato pagina 23×15, Bormio 2019 – Collana La Reit, Edizione per la XXVII edizione delle Giornate Bormiesi di Cardiologia Costo euro 20,00 (+ spese di spedizione); per i soci del Cssav euro 15,00 Il volume è esaurito Il volume contiene 16 saggi che prendono in esame il fenomeno delle migrazioni che interessarono la Valtellina e in particolare lil Bormiese dal XVII secolo ai nostri giorni. Si parla perciò di emigrazione in Australia e Sud America, ma anche di immigrazioni, in particolare di tirolesi che a Bormio hanno trovato lavoro e una casa. Vengono inoltre ricordati anche numerosi personaggi che hanno intrapreso lunghe esperienze di viaggio, tra cui padre Vincenzo Maria, carmelitano, in missione nel Malabar per conto di papa Alessandro VII, padre Giambattista Pedranzini, cappuccino, evangelizzatore in Cina dove è stato incarcerato e perseguitato, il capitano Enrico D’Albertis che nell’ultimo decennio dell’Ottocento ha dipinto quattro meridiane nell’Alta Valtellina lasciandoci anche un ricco patrimonio fotografico di Bormio, Valdidentro e Livigno. Nella pagina del sito relativa al volume sono brevemente descritti tutti gli articoli contenuti nella monografia. ————————————————————————–

Presentazione

Leo Schena e Livio Dei Cas

L’emigrazione ha accompagnato la civiltà umana sin dalle origini. Ne costituisce un elemento strutturale e si configura come una sorta di “continuum” storico frutto dei meccanismi che hanno regolato l’organizzazione delle varie comunità nel fluire dei secoli. Nella seconda metà dell’Ottocento, dopo l’Unità d’Italia, la diffusa povertà del nostro paese aveva spinto milioni di persone a cercare lavoro e fortuna verso le due Americhe e l’Australia, grandi paesi con terre ancora incolte e che necessitavano di mano d’opera. Un imponente fenomeno migratorio con benefiche ricadute sull’economia – rimesse degli emigranti – e che nella maggior parte dei casi si tradusse in una loro residenza definitiva negli stati di accoglienza. Paradossalmente un secolo più tardi l’Italia, ovunque conosciuta come terra di emigranti, era destinata a divenire terra di immigrazione. Fattore primario dell’attuale mobilità migratoria è ancora una volta la spinta economica che induce a fuggire da paesi devastati da guerre, cause naturali, sovrappopolazione. Un incontenibile esodo di massa verso l’Europa con primo approdo i paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Principale snodo di questi spostamenti di migranti in provenienza dagli stati subsahariani è l’Italia prodigatasi per alcuni anni nelle operazioni di soccorso e di accoglienza. Non intendiamo in questa breve nota di presentazione accennare ai delicati problemi che dovrebbero fungere da motore al processo d’integrazione. Prima di tutto l’esigenza di un confronto volto a favorire il dialogo, il rispetto delle credenze dei rifugiati e da parte di quest’ultimi l’accettazione dei principi su cui si fonda l’identità occidentale. Problemi di non facile soluzione e che occupano un posto preminente nell’agenda politica dei vari paesi dell’Unione Europea. Riaffermiamo invece che la nostra Provincia, prescelta ad ospitare settecentocinquanta richiedenti asilo, è sempre stata protagonista di flussi migratori. Questa costante della sua storia ci ha indotto ad analizzare alcuni aspetti di un percorso storico che, sin dagli esordi, aveva assunto il carattere di un’epopea divenuta patrimonio comune delle nostre comunità. (…) Al relativo benessere conosciuto nelle nostre Valli sotto i Visconti e gli Sforza, dopo un infausto decennio di dominazione francese, subentrarono nel 1512 i Grigioni. Questi scesero con il loro esercito in Valtellina e vi furono accolti dagli abitanti quasi come liberatori con l’illusoria aspettativa di poter essere aggregati alla Rezia come Quarta Lega. Di fatto i Grigioni imposero la loro signoria su tutti i territori cismontani isolando la Valtellina dagli altri stati italiani confinanti con cui aveva intrattenuto secolari relazioni di vicinanza politica, economica e culturale. Cominciò così per la Valtellina agli albori dell’evo moderno un periodo d’isolamento e di progressivo declino. Sin d’allora la povera economia di un territorio montano oppresso dalle vessazioni del Principe Grigione traeva la maggior parte della sua sussistenza da un’agricoltura non più in grado di sfamare la propria popolazione. Per porvi rimedio non restava che la risorsa dell’emigrazione di tipo stagionale estivo (fienagione), o invernale (mestieri per lo più artigianali). Il tutto praticato nei vicini territori dei Grigioni, della Serenissima o del Ducato di Milano. Esisteva poi in alternativa l’emigrazione tipologicamente pluriennale verso centri più lontani: Genova, Livorno, Napoli, Palermo, Roma. I Valtellinesi chiamati anche “Voltolini” o “Grigi” (in quanto sudditi dei Grigioni) vi venivano accolti con favore in virtù della loro robusta complessione fisica, rotta ai faticosi lavori dell’ambiente alpestre e della loro innata voglia di fare, di lavorare. (…)
—————————————– INDICE DEL VOLUME Leo Schena e Livio Dei Cas, Presentazione Guglielmo Scaramellini, Andare. Scelta, necessità, caso Anna Bordoni Di Trapani, Mare nostrum, mare nero Le grandi migrazioni fra Otto e Novecento Daniela Valzer, Di America ci resta solo il nome. Il dramma dell’emigrazione nelle lettere dall’Argentina dei fratelli Giovanni e Giuseppe Valcepina Elio Bertolina, Quando si andava a Davos. Storia di Erminia Simona Mazza, Brevi cenni storici in tema di emigrazione Bruno Ciapponi Landi, Gli studi sull’emigrazione valtellinese e valchiavennasca in Australia Non solo emigrazione Daniela Valzer, Pegorari tesini: migranti al ritmo della transumanza Anna Lanfranchi, L’immigrazione straniera a Bormio. Prime ipotesi sulla base dei dati dei registri parrocchiali Lorenza Fumagalli, Forestieri di passaggio: emigranti o emarginati? Manuela Gasperi, Un curioso dipinto di un pittor “tedescho”: Giovanni Giorgio Tesler Daniela Canclini, Enrico Bassi, Al buio tutti i gatti sembrano leopardi. Storia di vite straniere nella comunità bormina Andare Cristina Pedrana, Dall’Alta Valle in missione nelle lontane terre di India e Cina Cristina Pedrana, Emigrati dall’Alta Valle a Salò ma anche più lontano! Gisi Schena, Il girovago pintor di meridiane. Le meridiane del capitano D’Albertis in Alta Valtellina Piero Gaggioni, Mea vox umbra lux Raffaele Occhi, “Migranti d’alta montagna”. Vecchie guide alpine dell’Alta Valle fra le Alpi e il Caucaso Conclusioni Remo Bracchi, «Valtellina terra di migranti» Luisa Bonesio, Le Alpi tra apertura e chiusura Appendice Anna Berbenni, I registri di emigrazione di Bormio nell’Ottocento  
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