La memoria dell'acqua

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Gisi Schena, Marco De Campo, La memoria dell’acqua – 204 pagine,  illustrazioni b/n e colori, cucito a filo, copertina morbida, formato pagina 29,7×21, Sondrio 2007.

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È ancora una volta l’acqua che ispira gli autori, ma questa volta per i suoi usi più pratici: l’irrigazione dei prati, l’Agualàr, ovvero la roggia che scorreva al limitare settentrionale di Bormio e che serviva ad azionare le ruote dei vari opifici che si susseguivano lungo la strada che attualmente è nota come via Molini. E poi l’acqua che aziona la prima turbina che ha dato l’energia elettrica a Bormio, l’acqua che alimentava le fontane prima vicinali e poi comunali di Bormio prima della costruzione dell’acquedotto. E ancora le rogge d’irrigazione di Sondalo e la disputa sugli oneri di manutenzione tra i sondalini e i frazionisti di Mondadizza trascinatasi per qualche anno tra fine Settecento e inizio Ottocento, e mediata dai rispettivi parroci. Quadri cartografici d’epoca napoleonica, asburgica e moderna arricchiscono la pubblicazione.

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La manutenzione delle fontane

Dalle informazioni desunte dai vari carteggi circa le fontane è stato possibile appurare che:

1°) Tutte le Vicinanze donano le loro fontane al Comune negli anni antecedenti il 1844 e non hanno più l’obbligo di manutenzione ordinaria. Esse però devono fornire manodopera nei mesi invernali per la messa in posa dei nuovi canali.

2°) In questi anni nasce ufficialmente la figura del fontanaro o fontaniere, che presta la sua opera dietro compenso monetario, dopo aver pagato al Comune una cauzione di L. 25, condizione questa che fa sì che non tutti siano in grado di aspirare a questo incarico.

3°) Negli anni fra il 1862 e 1864 vengono rinnovate in pietra tutte le vasche, mantenendo le canalizzazioni in legno.

Siamo in possesso di una “perizia di confronto fra una fontana in legname e una in pietra”, firmata ing. Dea, in cui si stabilisce:

«importo di una fontana in pietra £. 656,60

importo di una fontana in legname £. 286,99

differenza in più per la vasca in pietra £. 369,61.

Si fa osservare che la durata di una vasca di legno larice è di anni 25, come si può comprovare. La vasca in pietra viva ha durata di non meno di 90 anni.»

Il municipio decide di sostituire tutte e cinque le vasche, affidando il lavoro a due tagliapietra: Graneroli di Sondalo e Besio di Grosio. Essi utilizzano il bel granito della cava di Migiondo, e all’occorrenza anche quello della cava di Sant’Antonio Morignone. La prima fontana sostituita è quella di Dossiglio e serve da modello per le altre, visto che i tagliapietre hanno lavorato in modo lodevole. Il materiale per le vasche viene lavorato a Bolladore, presso il piazzale dell’albergo De Gasperi, e a carico delle vicinie vi è la collocazione della vasca e il trasporto da Bolladore a Bormio, così pure la sistemazione dei condotti, se necessitano.

Il costo di ogni vasca è di £. 500, da dividersi fra i due tagliapietre e il lavoro deve essere finito entro la fine del 1865.

4°) Dal 1870 in poi la questione sanitaria assume maggiore importanza e si discute sulla composizione delle acque e sui materiali idonei ad incanalarle. Innumerevoli sono le diatribe circa la salubrità del ferro: ci si chiedeva se poteva essere o meno un materiale sicuro per la salute. La storia delle manutenzioni inizia con il già più volte citato rapporto dell’ing. Dea, le cui indicazioni devono servire per l’appalto dal 1844 al 1852 compreso. In questo rapporto si legge che tutte le fontane sono in lodevole stato di cose, meno che la fontana di Dossorovina, fracida nella vasca e nei canali. All’inizio del 1845 il Comune indice l’asta per l’appalto che viene vinto dall’unico concorrente, Bartolomeo Plant, per un valore di £. 500 annue e il legname necessario per i rinnovi fornito gratuitamente dal Municipio.

Questo primo atto storico, molto semplice e con poche clausole, denota una certa inesperienza da parte di tutti e due i contraenti, se paragonato a quelli che verranno prodotti negli anni seguenti. Il Plant si attiva subito per far sistemare la vasca di Dossorovina, invitando il procuratore a provvedere. Non è chiaro cosa sia successo fra il 1845 e il 1847 fra il Municipio e il fontaniere; di certo ci devono essere state delle difficoltà, perché nell’anno 1847 questa carica viene ricoperta da un’altra persona, Gervasio Rini, il quale avendo questa deputazione di già esperiti quattro esperimenti d’asta senza nessun offerente il sottoscritto si offre di eseguire le condizioni tutte nel capitolato per le 5 fontane al prezzo di £. 450 e il legname del Comune.

L’incarico deve essere durato un anno, poi all’inizio del 1848, abbiamo una nuova perizia dell’ing. Dea, precisa e completa come la precedente, nella quale viene indicato il seguente nuovo capitolato, in seguito sempre riconfermato nei vari appalti:

1°) L’asta viene aperta per £. 346,80, più un deposito di £. 25 rimborsabili per ogni concorrente. Si assegnerà l’incarico a colui che farà il maggior ribasso sul prezzo suddetto.

2°) L’assuntore deve presentarsi alla firma del contratto entro tre giorni dalla vittoria dell’asta.

3°) L’incarico non può essere ceduto ad altri, se l’Autorità non concorda.

4°) In caso di morte dell’appaltatore gli obblighi vanno agli eredi.

5°) Le spese per l’asta, scrittura di contratto e consegna sono a carico dell’appaltatore.

6°) Nell’esecuzione dei lavori l’appaltatore è obbligato a dipendere dagli ordini della Deputazione.

7°) La manutenzione delle 5 fontane con annessi e connessi riguarda la perfetta loro conservazione, in ogni tempo di cadaun anno di tutte le opere nello stato in cui vennero consegnate.

8°) L’appaltatore deve tenere in cadauna fontana l’intero corpo d’acqua che scaturisce dalla sorgente.

9°) L’assuntore deve mantenere in lodevole stato di servizio i tubi, le vasche, i cisternini, gli scaricatori, restando a carico della Deputazione la ricostruzione delle fontane ed annesse colonne solo in caso di infracidamento.

10°) I selciati intorno alle vasche devono essere tenuti in istato di perfetta solidità, anche in caso di gelo.

11°) Nell’evenienza di qualche infortunio alle cose appaltate, il deliberatario è tenuto alle riparazioni a sue spese.

12°) Vi è il preciso obbligo di vigilare affinché non venga usurpata l’acqua lungo i condotti.

13°) I metri lineari sono in totale 3781, così ripartiti: Via Maggiore 1349, Dossiglio 802, Dossorovina 779, Buglio 341, Combo 510, per la conservazione dei quali l’appaltatore ha l’obbligo delle riparazioni e della sostituzione annua, calcolata al 10%, ossia in metri lineari 378, da distribuirsi a norma del maggior bisogno. Tali canali devono essere di larice o di teone (pino silvestre) del diametro di 15 cm. Ogni anno vanno sostituiti anche due cisternini.

14°) Il Comune fornirà annualmente le piante occorrenti dai suoi boschi, in numero di 40/50.

15°) Tutte le fontane vanno spurgate una volta al mese, più giornalmente i piazzali annessi alle fontane, trasportando le materie fuori dall’abitato, bisogna rompere il ghiaccio in giro alle vasche e spargere ghiaia.

16°) Bisogna tenere ogni anno la scorta di m. l. 378 di tubi di varia lunghezza, che verranno conservati nel deposito mandamentale presso il Pio Istituto Scolastico.

17°) Nell’ottobre di ogni anno cadrà il controllo del lavoro dell’annata e verranno riconosciuti i nuovi tubi e il procuratore di reparto attesterà con un certificato il lavoro svolto.

18°) Il pagamento del prezzo annuale sarà in una sola rata.

19°) L’appaltatore non avrà giammai diritto di raccolta dei liquami e letame presso la fontana di Combo, in base allo scritto del 1834 (vedi omonima fontana. Ricordiamo che i liquami raccolti quotidianamente dopo l’abbeverata pomeridiana nei 4 reparti venivano venduti a caro prezzo dal fontanaro ai contadini del paese).

In questo contratto vi è anche una distinta dei boschi del Mandamento, di cui la deputazione poteva servirsi. Essi sono: Arsicio in Valdidentro, Boscopiano sulla Reit, Breitina in Valdidentro, Gallo in Val Fraele, Zebrù in Valfurva. Le operazioni di taglio dovevano essere effettuate sotto controllo della Guardia Forestale, la quale reputava sempre eccessivo il fabbisogno di legna del Municipio. A questo proposito è il caso di ricordare che nell’Ottocento i boschi non erano ricchi di piante come oggi a causa del fatto che il legno era la materia prima per eccellenza da secoli, sia per gli usi domestici che come carbone. La carenza di piante dei boschi era un problema cronico: frane, slavine ed alluvioni avvenivano pressoché ogni anno, soprattutto in reparto Dossorovina, sulle pendici della Reit, e molti alberi venivano alienati per questi motivi. La relazione Dea viene dunque vagliata e, in base ad essa, si tengono nel corso del 1847 ben tre aste pubbliche che vanno però a vuoto. Si ripresenta ancora una volta Bartolomeo Plant che, svincolato dall’asta, propone alla Deputazione Comunale di assumere il lavoro per 300 lire annuali. Certamente anche nei due anni seguenti l’appalto è sempre confermato al Plant che ha come garante Natale Gilardi. Nel giugno del 1852 si apre però una nuova asta e si decide di accettare anche appalti separati. Risultano vincitori Luigi Andreola, per contrada Combo, £. 20 e per Dossorovina, £. 30, ma non essendoci offerenti per gli altri reparti l’asta viene invalidata.

Un mese più tardi ci si riprova. L’Andreola ripropone la sua offerta e il solito Plant offre £. 54,85 per Dossorovina e Dossiglio ma rimane scoperta una fontana e si invalida per la seconda volta. Finalmente, nel mese di ottobre, l’asta va a buon fine con il seguente appalto: Carlo Pozzi per Dossiglio e Pio Istituto Scolastico £. 60 annuali, Pietro Cola per Maggiore e Buglio £. 110,50, Luigi Andreola per Dossorovina e Combo £. 90. Si presume che tutto abbia funzionato perché non si hanno più notizie sino all’agosto 1858, quando si indicono tre aste per gli appalti a decorrere dal 1° gennaio 1859. Non essendosi presentati altri candidati, al quarto tentativo Pietro Cola si aggiudica l’appalto per tutte le fontane sino alla fine dell’anno 1864, alla quotazione di £. 262,50. Nel maggio del 1861 però la Vicinanza di Via Maggiore, reclamando una forte diminuzione d’acqua dovuta al cattivo stato di conservazione della vasca e delle condotte, propone al Comune di incanalare una nuova sorgente, quella denominata di Canale alta, posta sull’Areit e troppo lontana per servir Dossorovina. L’appaltatore Pietro Cola si impegna ad effettuare questi lavori in cambio di una proroga dell’appalto sino a tutto l’anno 1870. Non avendo trovato nessun altro contenzioso, si presume che la sorgente sia stata incanalata e che il lavoro del Cola sia stato ben fatto per tanti anni, sicuramente fino al 1878. Non si hanno più informazioni sino all’anno 1886. Si sa però che l’appalto per gli anni 1886/95 viene deciso per £. 315 annuali e viene assegnato ad Andreola Luigi, Francesco Pedrini e Vitale Baumgartner ma non siamo in possesso di altri dati circa la ripartizione di questa quota. Due anni più tardi la Prefettura consiglia al Comune di limitare i tagli di piante per costruire i canali, in seguito a ripetute segnalazioni della Guardia Forestale. L’invito viene però disatteso e si delibera il taglio di 40 tronchi di pino silvestre, dal diametro consueto di 20/25 centimetri, dai boschi di Areit basso e Serra. Nel dicembre dello stesso anno, durante un consiglio comunale, si inizia a considerare l’ipotesi di sostituire in ferro tutte le canali delle fontane di reparto. Si legge: una bora (tronco) da 6 metri lineari di tubo, tutte le fontane constano 4050 metri, servono 45 piante l’anno per il rinnovo più la spesa per l’assuntore per un totale di £. 312,50. Per il ferro, dal foro di cm. 5, costa £. 5 al metro per 4050 metri lineari, totale £. 810. È chiara ed evidente la convenienza di preferire i tubi in legno…

Abbiamo visto in precedenza che le prime canali in ferro verranno costruite poi nel 1892, nella fontana del reparto Dossiglio. L’ultimo atto di manutenzione in nostro possesso è quello relativo all’appalto 1888/1894: viene assegnato il lavoro in solido a Vitale Baumgartner e a Francesco Pedrini per £. 142 annue a testa. È dunque con questa informazione che si chiude questo spaccato di uomini e di fatiche dell’Ottocento.

Estratto da Gisi Schena, Marco De Campo, La memoria dell’acqua

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