Memorie dell'Aria in Alta Valle - recensione

Il volume raccoglie saggi di vari autori relativi al tema dell’aria dell’Alta Valtellina: il primo saggio è di Remo Bracchi: L’aria, immensa anima, con il quale l’autore ripercorre il tema dell’aria nell’antichità per arrivare ai nostri dialetti, alla ricchezza delle espressioni e dei modi di dire, alle credenze e alle superstizioni legate al concetto di aria, di vento e degli spiriti dell’aria. Cristina Pedrana si sofferma invece sul concetto di confine: linee d’aria o concreti segni sulla terra? L’autrice coglie l’occasione per proporre la trascrizione del Bardea del testo cinquecentesco relativo ai confini del Contado di Bormio vergato dal notaio Giuseppe Sermondi, con relativa traduzione. Augusta Corbellini propone una descrizioni storica, architettonica, ma anche sentimentale dei campanili che svettano nel Bormiese. Dai campanili alle campane: Ilario Silvestri traccia una breve storia delle campane in Alta Valtellina, soffermandosi anche sui “poteri” degli squilli in grado – si presumeva – di interrompere i temporali. La campana segnava inoltre il confine tra il giorno e la notte. Dai rintocchi della sera fino all’Ave Maria all’alba la notte era il regno degli spiriti maligni e delle streghe. Oltre agli aspetti antropologici ed etnografici, il Silvestri tratta di alcuni fonditori bormiesi, in particolare dei Calderari. Segue un articolo di Dario Cossi che, in base a documentazione bibliografica, riporta alla memoria dei convalligiani la figura di Francesco Sermondi, stimato fonditore originario di Bormio che ebbe fortuna in Svizzera. Sua è la campana di mezzogiorno della cattedrale di Berna, dove il Sermondi morì nel 1588. Gianpaolo Angelini descrive limitatamente all’ambito lombardo il cielo nel paesaggio. Articolo al quale fanno eco Manuela Gasperi e Gisi Schena che descrivono le volte celesti delle chiese di Bormio.
Sul finire dell’Ottocento l’aria pura di montagna è divenuta il migliore rimedio per curare la tisi. A Sondalo è infatti sorto il primo sanatorio italiano, seguito da altre strutture private e infine dal Villaggio Sanatoriale. Sempre l’aria protagonista del richiamo dei villeggianti a Bormio nel saggio di Stefano Zazzi. Aria, nuvole, vento e tempeste sono l’argomento dell’articolo di Raffaele Occhi che ricorda particolari delle ascensioni alpinistiche nel Bormiese tra fine Ottocento e inizio Novecento.
Il mito di Icaro, ossia la sfida dell’uomo all’aria è oggetto di due articoli di Daniela Valzer, il primo sul salto con gli sci in auge nella prima metà del Novecento e quindi le prime esperienze di volo con il deltaplano nel Bormiese. Dal volo agli aerei, dagli sport alle attività belliche, il giudice Giuseppe Tarantola ricorda un bombardamento aero a Bormio sul finire della seconda guerra mondiale, che fortunatamente non provocò gravi danni.
L’aria come ambiente di vita e di volatili: una sequenza di saggi, a partire da quello dei fratelli Maurizio e Massimo Favaron che parlano degli ingegnosi sistemi di trasporto aereo di aracnidi e insetti, poi Michele De Lorenzi sulle pernici bianche in Alta Valle; piccioni e piccionaie nel saggio di Anna Lanfranchi, che con un successivo articolo ricompone la storia dell’Osservatorio meteorologico alla quarta cantoniera dello Stelvio. Le fanno eco Giuseppe Cola che a sua volta ricorda l’osservatorio dei Forni in Valfurva, e Alfredo Praolini con i colleghi d’ufficio illustra l’attività del Centro Niveometeorologico di Bormio e la sua attività di monitoraggio del ghiacciaio dello Stelvio.
Il volume è introdotto da Leo Schena con Livio Dei Cas Guglielmo Scaramellini: Alpenluft macht frei (und glücklich) [l’aria alpina rende liberi (e felici)]. Oppure no?, ed è chiuso da Luisa Bonesio con la postfazione Un più largo respiro.


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